“Sostenibilità ambientale Unione Europea: un “Green Deal” europeo
Puntare a essere il primo continente a impatto climatico “zero”.
Questa è la sfida che le istituzioni comunitarie raccolgono dai pesanti moniti e campanelli di allarme che il pianeta, da tempo, ci sta lanciando in tema di inquinamento e di perdita della biodiversità. Per tale ragione, l’UE ha destinato alla sostenibilità ambientale un terzo dei 1800 miliardi di Euro di investimenti previsti per il piano di ripresa e resilienza “Next Generation EU”, accantonando tali risorse nel bilancio settennale dell’UE che finanzierà il “Green Deal” europeo.
Politiche ambientali Unione Europea.
Cambiamenti climatici, effetto serra, combustibili fossili, ma anche viabilità e trasporti, sistemi industriali di produzione, riscaldamento delle abitazioni: tutto ciò rappresenta una minaccia non solo per l’Europa ma per il mondo intero se tali temi non verranno gestiti con una nuova consapevolezza e con un maggiore senso di responsabilità sociale. Ecco, in sintesi, alcuni punti che sintetizzano le politiche ambientali dell’Unione Europea (Fonte: https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal):
- la Commissione intende ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli previsti nel 1990;
- entro l’anno 2050 bandite le emissioni nette di gas a effetto serra;
- crescita economica separata dallo sfruttamento delle risorse naturali ambientali;
- nuove politiche per fermare la deforestazione, innovare la gestione sostenibile dei rifiuti e decontaminare i terreni;
Norme ambientali UE.
La Commissione Europea ha varato, a novembre dello scorso anno, un piano strategico (“Preserving our environment”) per passare a un’economia circolare, proteggere la natura e aumentare gli standard ambientali. Un solo dato ci fa riflettere sulla gravosità della situazione a livello mondiale:
- dal 1990 al 2020, nel mondo, sono stati distrutti 420 milioni di ettari di foresta, un’area più vasta della stessa Unione Europea;
Il vicepresidente esecutivo per il “Green Deal” europeo, Frans Timmermans, e il commissario per l’ambiente, gli oceani e la pesca, Virginijus Sinkevičius, hanno dichiarato: “(…) le nostre nuove regole per disciplinare le spedizioni di rifiuti stimoleranno l’economia circolare e garantiranno che le esportazioni di rifiuti non danneggino l’ambiente o la salute umana (…) dovremmo smettere di esportare inquinamento (…) le normative sulla deforestazione e sulla spedizione dei rifiuti che stiamo mettendo sul tavolo sono i tentativi legislativi più ambiziosi di sempre per affrontare questi problemi in tutto il mondo” (Fonte: ibidem, ut supra). Le priorità del “Green Deal” europeo comprendono dunque le seguenti aree:
- proteggere la biodiversità e gli ecosistemi;
- ridurre l’inquinamento dell’aria, delle acque e del suolo;
- favorire la transizione verso un’economia circolare;
- migliorare la gestione dei rifiuti;
- garantire la sostenibilità dell’economia marina e del settore ittico;
Come osserva la Commissione, in questo modo si creeranno nuove opportunità per l’innovazione, gli investimenti e l’occupazione e, al tempo stesso, la transizione ecologica garantirà opportunità per tutti, in quanto sosterrà i cittadini vulnerabili affrontando le disuguaglianze e la povertà energetica e incentiverà la competitività delle imprese europee. Queste proposte avranno un impatto sull’intera catena del valore in settori strategici quali l’energia, i trasporti, l’edilizia e le ristrutturazioni, contribuendo a creare posti di lavoro sostenibili. Ecco gli obiettivi individuati dalla Commissione mediante l’introduzione di nuove norme ambientali UE:
- riduzione del 50% delle emissioni dei mezzi di trasporto pesanti (autotreni e autoarticolati) entro il 2030;
- riduzione del 55% delle emissioni delle automobili entro il 2030;
- raggiungimento del parametro “zero emissioni” da parte delle automobili nuove prodotte entro il 2035;
- stima di circa 35 milioni di edifici che potrebbero essere ristrutturati in logica “green” entro il 2030;
- stima della creazione di 160 mila nuovi posti di lavoro “verdi” nel settore dell’edilizia;
- proposta della Commissione di portare al 40% il parametro vincolante delle energie rinnovabili adottando un “mix energetico”; le proposte promuovono la diffusione dei combustibili rinnovabili, come l’idrogeno nell’industria e nel settore dei trasporti;
- eliminazione graduale dei combustibili fossili (decarbonizzazione dell’economia) con una stima di riduzione del consumo di carbonio di 310 megatoni;
- aumentare gli obiettivi di efficienza energetica a livello dell’UE e renderli vincolanti per conseguire, entro il 2030, una riduzione complessiva del 36% – 39% del consumo di energia finale;
- imporre agli stati membri di aumentare ogni anno dell’1,1%, fino al 2030, l’uso di energie rinnovabili per il riscaldamento e il raffrescamento;
Normativa UE uffici green.
Ambiziosa è la politica della Commissione anche in tema di edifici pubblici, specie di quelli dedicati agli uffici amministrativi, che, in tema di sostenibilità ambientale, sono chiamati a dare un esempio per tutto il settore edile ed immobiliare, sperimentando nuove soluzioni “green”. Per tale ragione, la Commissione intende imporre agli Stati membri di ristrutturare, ogni anno, almeno il 3% della superficie totale di tutti gli edifici pubblici affinché utilizzino di più le energie rinnovabili e siano più efficienti sotto il profilo energetico.
Responsabilità danno ambientale.
Inizialmente, il termine “ambiente” non era presente nei testi di legge italiani e neppure nella Carta Costituzionale anche se la giurisprudenza, specie quella costituzionale, ha ben presto sviluppato una nozione autonoma di “ambiente” in seguito recepita anche dal legislatore.
Il concetto di “ambiente”, che si è progressivamente affermato, è quello di un bene indivisibile, patrimonio della collettività, che, pur composto da tanti elementi diversi, è sempre riconducibile ad unità.
In particolare, gli artt. 9 e 41 della Costituzione italiana assegnano allo stato il compito di tutelare l’ambiente e la biodiversità e sanciscono il principio secondo cui l’iniziativa economica è sì privata, ma non può svolgersi a danno della salute, dell’ambiente e delle nuove generazioni. Emerge, quindi, una visione “allargata” ed ampia del “bene ambiente”, che non è proprietà statale, ma patrimonio collettivo ed universale e non è un bene da proteggere come “reperto storico”, come “paesaggio naturale”, ma come “eredità”, un lascito per le future generazioni: pertanto, la tutela dell’ambiente è destinata ad assumere nuove forme e ad estendersi a sempre nuovi settori al fine di rinnovare continuamente l’essenza e i contenuti di tale patrimonio.
Il legislatore italiano fornisce, per la prima volta, una definizione di danno ambientale con il decreto legislativo n. 152 del 2006 in cui afferma che è danno ambientale “qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima”.
La normativa dell’UE.
La politica comunitaria in materia di ambiente risale al Consiglio Europeo tenutosi a Parigi nel 1972 in occasione del quale i capi di stato e di governo (anche tenendo conto della prima conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente) hanno dichiarato la necessità di una politica comune in materia di ambiente.
L’Atto Unico Europeo del 1987 ha rappresentato il primo pilastro giuridico per una politica ambientale comune finalizzata a salvaguardare il territorio, proteggere la salute collettiva e garantire un uso equo e sostenibile delle risorse naturali.
Il Trattato di Maastricht (1993) ha elevato la tutela dell’ambiente a materia ufficiale della politica dell’UE, introducendo la procedura di codecisione e stabilendo come regola generale il voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio.
Il Trattato di Amsterdam (1999), e soprattutto il Trattato di Lisbona (2009), ha introdotto l’obiettivo specifico di combattere i cambiamenti climatici, integrando la tutela ambientale in tutte le politiche settoriali dell’UE.
Il raggio d’azione delle istituzioni comunitarie (Commissione e Consiglio) è condizionato dal “principio di sussidiarietà” e dal requisito dell’unanimità dei consensi in seno al Consiglio per quanto riguarda le questioni di natura fiscale, la pianificazione del territorio, la destinazione dei suoli, la gestione quantitativa delle risorse idriche, la scelta delle fonti di energia e l’approvvigionamento energetico.
La responsabilità civile nei confronti dello stato per il danno ambientale è uno degli strumenti introdotti per la tutela dell’ambiente a livello nazionale italiano.
La fonte normativa di riferimento è un’importante legge del 1986 (legge n. 348) che, all’art. 18, comma 1, recita: “qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base alla legge che comprometta l’ambiente arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo, in tutto o in parte, obbliga l’autore del fatto al risarcimento nei confronti dello stato”.
Lo strumento della responsabilità nei confronti dell’autore del danno ambientale viene esercitato dal giudice ordinario nell’ambito di un procedimento penale o civile dopo aver dimostrato il rapporto causale tra il fatto lesivo del bene collettivo e il danno ambientale.
Difesa legale danno ambientale.
Le responsabilità, anche penali, che gravano sull’imprenditore e sull’azienda, in quanto soggetto investito di personalità giuridica e chiamato a risarcire civilmente i danni ambientali provocati alla collettività, suggeriscono cautela preventiva e la necessità di tutelarsi con strumenti legali e assicurativi in grado “arginare” il rischio di eventi rovinosi e di cause giudiziali che potrebbero compromettere l’attività produttiva. Misure interdittive cautelari, provvedimenti d’urgenza di tipo sospensivo oltre alle iniziative degli inquirenti limitative della libertà personale e imprenditoriale, consigliano non solo una copertura di responsabilità civile tradizionale, ma anche un “ombrello” legale, una polizza di difesa legale che tuteli l’impresa sia in un’ottica preventiva (consulenza, attività stragiudiziale, mediazione, ecc.), sia in sede giudiziale con la difesa legale affidata ad un network di avvocati esperti e il pagamento delle spese legali, peritali e di soccombenza in ogni stato e grado di giudizio.”
di Walter Brighenti – DAS
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