Approfondimento DAS: LA PECULIARITÀ DEL CONTRATTO DI CLOUD COMPUTING

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“Il rapporto virtuale tra provider user è molto diverso dal rapporto reale tra sviluppatore e committente: l’accordo e l’accesso al contratto di fornitura di servizi in cloud sono totalmente online e spersonalizzati. La proposta dei provider è totalmente unilaterale, il contratto è confezionato al 100% dal fornitore, standardizzato.

Di fatto, pochissimo spazio è lasciato alla negoziazione.  

Il contratto di cloud è atipico e non identificabile nelle classiche forme tipizzate dal nostro Codice civile, in quanto la complessità dell’erogazione dell’obbligazione che sta alla base del servizio può essere di forma e peculiarità imprevedibile.

I contratti di cloud hanno, però, tratti distintivi che li caratterizzano, riassumibili in 5 aspetti:  

  • dati che non risiedono su server fisicamente presenti, ma remoti;  
  • la volatilità dell’archiviazione, intrinseca al concetto di cloud; 
  • infrastruttura del fornitore, condivisa da uno a molti e non personalizzata sul fruitore finale; 
  • servizio fruibile via web, e la connessione internet che esercita, di conseguenza, un ruolo fondamentale; 
  • servizio offerto a consumo e il costo si basa sulla fruizione effettiva. 

Le clausole più delicate del contratto di servizi in cloud riguardano: 

  • l’utente può interrompere il servizio, in qualsiasi momento e senza conseguenze risarcitorie;  
  • il provider è molto spesso esonerato dalla responsabilità di perdita dei dati gestiti 
  • il fornitore può modificare unilateralmente il contratto, senza contradditorio con l’utenza, fatta salva la possibilità di quest’ultimo di recedere dal servizio;  
  • il contratto molto spesso sarà scritto in lingua inglese, a prescindere dalla provenienza dell’utente;  
  • c’è molta incertezza sulla filiera del trattamento dei dati, potrebbe mancare chiarezza sulla gestione degli stessi durante l’erogazione del servizio, con conseguenze, come si può immaginare, sul tema della privacy. 

Senz’altro, per molti anni, abbiamo pagato servizi cloud anche concedendo una grande libertà sul nostro patrimonio informativo ai provider presenti sul mercato. Oggi si cerca di compensare, con nuove norme, tra cui il GDPR e le direttive del settore, per contenere questa libertà e proteggere l’utenza da questo potere.

 

di Avv. Rita Eva Cresci; Iusintech

Fonte: QUI

 

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