DAS tutela legale: DICHIARAZIONE DEI REDDITI: DILIGENZA DEL COMMERCIALISTA E RESPONSABILITÀ DEL CONTRIBUENTE

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“Il commercialista, al pari di ogni altro professionista, nel momento in cui assume l’incarico per lo svolgimento di determinati incombenti in nome e per conto del cliente ha, nei confronti di questo, una responsabilità professionale di natura contrattuale che gli impone l’onere di adempiere la prestazione affidatagli secondo correttezza e diligenza.

Va da sé che il commercialista sarà tanto più esposto ad una responsabilità professionale, quanto più ordinaria sia considerata l’attività che lo stesso deve svolgere per il proprio cliente: è questo il caso, ad esempio, della compilazione e presentazione della dichiarazione dei redditi che, nella prassi giurisprudenziale, è considerata una attività ordinaria e di routine per un commercialista.

Nel caso in cui quest’ultimo venga, quindi, chiamato a rispondere di asseriti danni collegati alla compilazione e/o alla presentazione della dichiarazione dei redditi, spetterà al professionista l’onere di dimostrare di aver esattamente eseguito il mandato conferitogli, mentre incomberà all’(ex) cliente l’onere della prova del rapporto contrattuale esistente, del danno subito e del nesso causale tra la condotta del commercialista ed il pregiudizio subito.

Con riferimento a quest’ultimo punto, si precisa, che il “danno” eventualmente a carico del commercialista sarà sostanzialmente corrispondente alle sanzioni erogate a seguito dell’accertamento fiscale, ma non la maggior imposta, e ciò sull’assunto che quest’ultimo importo sarebbe stato comunque dovuto dal contribuente, a prescindere da errori; recentemente, però, la Suprema Corte ha stabilito che, se il maggiore tributo “è effettivamente imputabile agli errori del professionista la maggior pretesa avanzata dall’Amministrazione Finanziaria”, in tal caso “il risarcimento dovuto dal professionista nei confronti del contribuente deve tener conto non solo delle sanzioni pecuniarie ma anche della maggior imposta” (cfr. Cass. Civ., Sez. III, ordinanza 20.10.2020, n. 22855).

Preliminarmente si precisa che la compilazione della dichiarazione dei redditi è volta a rappresentare al fisco l’effettiva situazione reddituale di un soggetto al fine della determinazione del pagamento delle imposte e non è diretta, invece, ad impedire accertamenti fiscali nei confronti del contribuente.

Ne consegue che qualora il cliente sia sottoposto ad un accertamento fiscale, lo stesso non potrà “additare” per ciò solo il commercialista, ma lo potrà fare unicamente nel caso in cui, a seguito dell’accertamento fiscale, risultino irregolarità riconducibili al professionista.

 

Lo specifico incarico per la trasmissione della dichiarazione dei redditi

 

Dal momento che l’asserita responsabilità del professionista è di tipo contrattuale, in base ai principi regolatori della materia, spetterà al cliente, che lamenta responsabilità del professionista per negligenza o imperizia, dimostrare l’esistenza del conferimento al professionista dell’incarico non solo di redigere, ma anche di presentare telematicamente la dichiarazione dei redditi.

Tale circostanza è espressamente stabilita dall’art. 3 del D.P.R. 322/1998 ed è, peraltro, di fondamentale importanza anche perché la Giurisprudenza, proprio sulla base di tale disposizione, ha chiarito che “l’’invio telematico della dichiarazione dei redditi, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 322/1998, richiede il conferimento da parte del contribuente di uno specifico incarico all’intermediario, trattandosi di adempimento distinto da quello di tenuta della contabilità e di consulenza fiscale in generale, con conseguente necessità di accertamento della sussistenza di tale incarico in ipotesi di relativa contestazione” (cfr. Cass. Civ., Sez. V, sentenza 11 giugno 2014, n. 13138).

Quindi, ove il cliente non dimostri in giudizio di aver conferito un mandato ad hoc al commercialista, benché quest’ultimo sia stato incaricato della tenuta della contabilità in generale, mancherà il presupposto per ritenere il professionista responsabile delle vicende collegate alla mancata presentazione della dichiarazione.

 

Errore nella compilazione della dichiarazione dei redditi

 

Tale ipotesi si verifica quando il contribuente, che ha conferito apposito mandato al commercialista per la redazione della dichiarazione, sia destinatario di un accertamento fiscale all’esito del quale siano emersi errori nella compilazione.

In questo caso, bisognerà indagare sull’imputabilità soggettiva degli errori nella compilazione  per discernere quali oneri di informazione e richiesta incombano al professionista e quali oneri di trasmissione e comunicazione incombano sull’assistito.

Infatti, se è vero che il comportamento diligentemente qualificato di un commercialista comprende anche la richiesta al cliente, entro un congruo termine, di tutta la documentazione necessaria per la predisposizione della dichiarazione (eventualmente anche elencando i documenti necessari) è, altresì, vero che non spetta al professionista ricercare e/o procurarsi autonomamente quanto ritenuto necessario per la predisposizione della dichiarazione dei redditi.

 

Non si dimentichi, infatti, che il comportamento tenuto dal cliente rileva sotto due aspetti:

  • nei confronti del Fisco, in quanto è principio granitico – ribadito dalla giurisprudenza di legittimità – che il contribuente è sempre direttamente responsabile nei confronti del Fisco, ancorché lo stesso abbia conferito apposito incarico al commercialista per trasmettere la dichiarazione dei redditi all’Agenzia delle Entrate poiché in capo al contribuente sussiste comunque un dovere di controllo e vigilanza affinché il commercialista abbia ben svolto il proprio lavoro e, quindi, l’obbligo di verificare ed accertarsi che la dichiarazione sia correttamente e fedelmente compilata oltre che tempestivamente presentata;
  • nei confronti del commercialista stesso, per esonerarlo da responsabilità, in virtù dell’art. 1175 del Codice civile che impone ad entrambi i soggetti del rapporto obbligatorio un comportamento ispirato alle regole della correttezza, e, ai sensi dell’art. 1227 del Codice civile, per una riduzione del risarcimento del danno “se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno”.

 

Errore bloccante che ritarda o impedisce la trasmissione telematica della dichiarazione dei redditi

 

La Giurisprudenza, poi, risulta molto severa nei confronti del commercialista quando si parla dei cd. “errori bloccanti”, ossia quelle segnalazioni relative ad errori che determinano il blocco o una tardiva trasmissione della dichiarazione, a seguito della quale il contribuente subisce un accertamento.

In tal caso, oltre alla responsabilità professionale, il commercialista è destinatario di pesanti sanzioni amministrative normativamente previste e lo stesso non potrà “addurre quali scusanti né la presenza di disguidi tecnici, in quanto rientranti fisiologicamente nella sfera di quegli inconvenienti che possono essere efficacemente superati per mezzo delle conoscenze tecniche attinenti a tale professione, né la malattia, l’infortunio o comunque l’indisposizione di un dipendente o di un qualsiasi collaboratore, in quanto circostanze ampiamente prevedibili che possono essere efficacemente prevenute con l’anticipata individuazione di un eventuale sostituto” (cfr. Cass. Civ., sentenza 20.07.2018, n. 19381).

 

In questi casi la prova liberatoria dell’incaricato potrebbe consistere nel dimostrare la negligenza del cliente che gli ha fornito dati errati, che non potevano facilmente e diligentemente essere corretti in sede di inoltro della dichiarazione.

Al termine di tale breve analisi giurisprudenziale, non si può che concludere che nei rapporti tra il contribuente ed il professionista incaricato, secondo la maggioritaria interpretazione delle disposizioni normative applicabili, è opportuno cogliere il giusto equilibro tra la pretesa (e necessaria) diligenza qualificata del professionista ed il principio di autoresponsabilità del contribuente.

 

Avv. Andrea Dolcetta – Avv. Elisa Visintin per DAS

 

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